Veneto City: trionfo del cemento e
della vecchia politica.
Cos’è Veneto City? È un colossale
intervento di trasformazione territoriale, destinato, secondo le intenzioni
degli imprenditori, a essere un “grande polo terziario di scala
sovraregionale” in un’area all’altezza delle frazioni di Arino di Dolo e
Cazzago di Pianiga. I numeri in gioco della fase 1: superficie territoriale
impegnata 715.000 mq, per 500.000 mq di superficie netta di pavimento (Sp),
più la piastra che ospita i parcheggi, da destinare a Centri Direzionali e
Commerciali, Poli Scientifici e di Rappresentanza, Spazi Espositivi,
Strutture Alberghiere e Residence, Strutture Ricreative ed altro ancora.
In pratica, una nuova città del terziario da realizzare in mezzo alla
campagna, che richiamerà, secondo alcune stime, più di 30.000 persone al
giorno ed un traffico di oltre 70.000 veicoli, e che di notte si svuoterà. Lo
studio viabilistico allegato parla di 14.000 veicoli al giorno, ma di certo
saranno di più se l’ambizioso progetto dovesse andare il porto; l’Accordo di
Programma riguarda la fase 1 dell’intervento, a cui ne seguiranno altre. Più
che giustificata quindi la preoccupazione degli abitanti della Riviera del
Brenta, che temono l’impatto ambientale della nuova urbanizzazione sul loro
territorio. Giustificata la preoccupazione delle associazioni degli esercenti
e dei commercianti per l’incidenza esiziale che i nuovi grandi spazi
commerciali previsti eserciteranno sui piccoli esercizi dell’intero
comprensorio che interessa Padova, Mestre e Treviso.
Viene quindi da chiedersi se Veneto City
rappresenti una opportunità oppure, come molti sostengono, l’ennesima
speculazione. Nell’Accordo di Programma viene evidenziato che l’intervento
riguarderà aree prevalentemente già destinate ad uso produttivo. Verrà
ridotta la volumetria ora realizzabile, che sarà compensata dalla modifica
dei parametri edificatori per consentire un’edilizia moderna, adeguata
all’importanza del nuovo Polo del Terziario del Veneto. Le superfici
commerciali e direzionali non potranno superare un determinato limite
(rispettivamente il 60 ed il 15% di Sp) e saranno realizzate opere di
urbanizzazione (ad es. la nuova fermata del Servizio Ferroviario
Metropolitano). Per contro va rilevato che ulteriori 130.000 mq saranno
sottratti all’uso agricolo; la Confesercenti Padova ha stimato che, se anche
arrivassero con Veneto City 10 mila posti di lavoro, se ne perderebbero 18
mila nel piccolo commercio al dettaglio. Le opere di urbanizzazione, inoltre,
sono prevalentemente funzionali al nuovo intervento e, cosa deleteria, si
giustificherà interventi infrastrutturali come la camionabile lungo
l’idrovia. Ma quel che più rammarica è constatare come, nonostante i pomposi
proclami che si leggono a difesa dell’ambiente veneto negli atti di
programmazione urbanistica regionale, continui a prevalere la logica del
consumo di territorio, in nome di uno sviluppo economico tutto da dimostrare.
Veneto City va quindi visto come un intervento dannoso per il territorio,
fondato sulla rendita fondiaria e sul consumo di suolo agricolo. Di dubbia
utilità perché già esistono Poli del Terziario nel Veneto orientale, come il
Polo Scientifico e Tecnologico di Mestre oppure gli spazi fieristici che
potrebbero benissimo essere utilizzati allo scopo. Ma anche se vi fosse la
necessità di realizzare un nuovo Polo Terziario a scala Sovraregionale,
perché non riconvertire aree produttive esistenti che hanno perso il loro
ruolo? L’area di Porto Marghera, dotata peraltro di tutte le urbanizzazioni
necessarie, è un esempio eclatante. Si eviterebbe così di compromettere
l’ennesima area ancora inedificata, posta peraltro tra due sistemi fragili
quali la riviera del Brenta ed il graticolato romano, meritevoli di essere
recuperati ad una funzione culturalmente adeguata.
L’esito di Veneto City ha comunque fatto
emergere le contraddizioni della Lega. Al di là dei proclami sulla difesa
della cultura veneta, sia il Presidente della Regione che il sindaco di Dolo,
entrambi leghisti, non si sono opposti alla politica del cemento e della
rendita fondiaria. Dei due peggio il primo, che pilatescamente ha affermato
che non avrebbe firmato contro la volontà dei sindaci. Come se non spettasse
invece a lui, in qualità di “Governatore”, il compito primario di assicurare
lo sviluppo equilibrato del Veneto. Non rimane a questo punto che appoggiare
i Comitati Ambiente e Territorio (CAT, vedi sito www.infocat.it) nella
costruzione dei ricorsi contro Veneto City. Sotto il profilo della procedura
attuata si rileva, infatti, che l’intervento è stato escluso dalla VAS
(Valutazione Ambientale Strategica) e che l’approvazione è intervenuta senza
tenere in alcun conto le 12.000 firme contrarie e le 10.500 osservazioni
presentate in Regione. (di Lorenzo Cabrelle, Legambiente Padova)
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venerdì 13 gennaio 2012
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